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Buona lettura.
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Acquistato il mio MacBook Pro (13″ Touch Bar 2017) ho avuto una vera e propria fissazione per la batteria. Appena mi era possibile, quindi quasi sempre, lo collegavo alla rete elettrica. Il mio intento era chiaramente quello di minimizzare al massimo il numero di cicli di ricarica visto che consideravo, e considero, la sostituzione della batteria in questo tipo di portatili un’operazione abbastanza invasiva, qualcosa da rimandare il più possibile. In viaggio per lavoro ero alla costante ricerca di una presa elettrica, a casa lo usavo collegato all’alimentatore e lo stesso facevo in ufficio. Questa soluzione, in verità, mi ha sempre lasciato perplesso perché l’idea di usare la batteria il meno possibile l’avevo mutuata dall’era in cui usavo portatili con la batteria rimovibile. In quello scenario la modalità era perfetta: si usa la batteria il meno possibile conservandola nel classico posto fresco ed asciutto con la carica all’ottanta percento, cosa che ne massimizza la vita utile. Ma con la batteria non rimovibile le cose cambiano ed avevo forti dubbi che la Apple fosse riuscita ad elaborare algoritmi di ricarica tanto efficienti da evitare che le batterie tenute spesso in carica si rovinassero. Nemmeno la soluzione proposta dalla Apple sul suo sito per i portatili recenti, che sostanzialmente spinge l’utente a non preoccuparsi di tutto quanto connesso ai cicli di ricarica del suo portatile, mi convinceva.
Dopo qualche mese ho iniziato a sentire la necessità di avere uno strumento che mi consentisse di monitorare lo stato della batteria. Qualcosa che offrisse qualche funzionalità di più della sezione energia del resoconto di sistema.
Il programma più gettonato per questo utilizzo è Coconut ed effettivamente fa quello che deve: misura la capacità di carica massima della batteria, che tende a diminuire col tempo, storicizza i dati e ne permette permette l’esportazione.
Dopo qualche mese mi sono accorto che la mia modalità di gestione (metto in carica appena possibile e non stacco finché non ho finito il lavoro) non era vantaggiosa: il dato della capacità di carica ha iniziato a scendere in maniera repentina, occorreva trovare il modo per fermare il deterioramento della batteria. In rete si trova molto materiale, sono tante le teorie su come tenere questo delicato componente in perfetta efficienza. Quella che mi ha convinto di più partiva da questa serie di assunti:
- per mantenere in efficienza una batteria agli ioni di litio è consigliabile fare muovere le cariche elettriche al suo interno attraverso cicli di carica e scarica;
- ricaricare una batteria partendo da zero può danneggiarla;
- caricare la batteria con il portatile caldo la rovina.
Così ho iniziato a utilizzare il MacBook partendo dalla carica completa lasciandolo scollegato dall’alimentazione fino ad arrivare al 50-60% e riprendendo a caricarlo da questo livello fino al massimo tenendolo ancora attacco una volta raggiunta la carica massima.
In pratica parto ad usarlo nel pomeriggio a casa con il 100% di carica ma scollegato dall’alimentazione e continuo cosi utilizzandolo a volte anche dopo cena. In questa maniera finisco la giornata con il portatile che segna il 50-60% di carica. Il giorno dopo, in ufficio, lo collego all’alimentazione e continuo ad utilizzarlo fino all’orario di uscita senza mai scollegarlo dall’alimentatore.
Con questo trattamento in meno di un mese la batteria ha nuovamente raggiunto e superato la capacità di carica indicata dalle specifiche: 4315 mAh.
Naturalmente questa procedura non va eseguita alla lettera e se utilizzerete la batteria secondo le vostre esigenze non succederà assolutamente nulla. Quello che mi sento di raccomandarvi è molto semplice: evitate di tenere il vostro MacBook o il vostro iPhone sempre attaccato all’alimentatore perché questo comportamento fa deteriorare le batterie più velocemente.
Vi lascio con i dati riguardanti l’andamento della capacità di carica della batteria che equipaggi il mio MacBook Pro nel tempo e a un grafico che illustra al meglio la situazione.
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